La terapia antiaggregante nella Cardiopatia ischemica
La terapia antiaggregante ha modificato negli ultimi decenni la storia clinica e glioutcomes dei
pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA) e con cardiopatia ischemica cronica.
L'introduzione sul mercato di nuove e più efficaci molecole antiaggreganti ha permesso un
netto miglioramento sia in termini di mortalità che di nuovi eventi ischemici sia nella fase acuta
che nel long term, ponendo il medico nella condizione di dover effettuare delle scelte appropriate
al fine di ottenere il massimo beneficio possibile per il paziente stesso. Come ampiamente
documentato da diversi trials, infatti, un non adeguato trattamento dei pazienti con SCA espone
a un maggiore rischio di eventi ischemici avversi nel tempo.
Alla luce dell’aumento dell’età media e alla necessità di proteggere il paziente ad alto rischio CV
da recidive ischemiche, le nuove frontiere degli antiaggreganti sono sicuramente rappresentate:
• dal trattamento del paziente fragile, che a tutt’oggi rappresenta la popolazione di
pazienti trattati in maniera non appropriata a causa della percezione dell’aumentato
rischio emorragico e per le molteplici patologie associate;
• dal trattamento del paziente con la DAPT nel long term.
In questo panorama in grande evoluzione, è importante che i medici cardiologi:
• Definiscano il trattamento ottimale in termini di DAPT nei pazienti con SCA,eseguendo
una puntualizzazione sui benefici e svantaggi dei farmaci antiaggreganti attualmente
disponibili e relative raccomandazioni presenti in Linee Guida ESC;
• Identifichino il paziente ad alto rischio ischemico che necessiti di una protezione
a lungo termine
• Definiscano la gestione ottimale del paziente dalla fase acuta al lungo termine.
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